“La nave ha raggiunto la riva”. Con queste parole Rena Lee, ambasciatrice delle Nazioni Unite per gli Oceani ha comunicato l’approvazione del Trattato per l’Alto Mare tra gli applausi dei delegati presenti a New York. La storia di questo trattato, lunghissima e travagliata, è cominciata circa 40 anni fa con la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, conosciuta anche come convenzione di Montego Bay, nella quale per la prima volta si definivano diritti e responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani che, ha sua volta, ha avuto bisogno di quasi 15 anni di negoziazioni prima di vedere la luce.
Chiaramente regolare l’utilizzo del mare e degli oceani non è una cosa facile. Ci sono troppi interessi politici, militari e commerciali che rendono estremamente complicato trovare un punto d’incontro tra le esigenze di tutti gli Stati. D’altra parte bisogna considerare che con l’esclusione di una fascia costiera di circa 200mg nella quale il paese rivierasco ha una predominanza più o meno forte di diritti, il resto del mare è di tutti e quindi l’unica via per non proseguire in una maniera ambientalmente non corretta e per utilizzare le risorse marine in maniera sostenibile è trovare un accordo che possa venire sottoscritto dal maggior numero di paesi.
Il Trattato, alla fine, si è dato degli obiettivi minimi il cui principale è proteggere e conservare almeno il 30% degli oceani entro il 2030. Questo 30% e ciò che gli studiosi hanno calcolato come il minimo per poter cercare di continuare ad avere un ambiente marino sano. Tenendo presente che attualmente la percentuale di Aree Marine Protette (AMP) è minore del 2% il lavoro da fare sarà molto anche perché si dovrà, per forza di cose, proteggere delle aree di Alto Mare, quelle che come dicevamo prima sono di tutti, e non sarà facile individuarle e, una volta stabilite, controllarle.
Ultima ma non di minore importanza e la questione dei costi: il fondo globale per la biodiversità che verrà creato dai circo 200 paesi firmatari prevede uno stanziamento totale di 50 miliardi di dollari ma secondo gli studi di alcuni esperti la cifra necessaria per raggiungere l’obiettivo sarebbe di 200 miliardi di dollari. Speriamo che con la proposta di ridurre ed eliminare i sussidi dannosi all’ambiente e alla biodiversità e con una maggiore partecipazione dei paesi più ricchi si possa comunque arrivare allo stanziamento necessario.
Il mare è stato spesso trascurato. Forse proprio per le sue enormi dimensioni, ricopre circa il 70% della superficie della terra, è stato considerato come infinito, a prova di ogni colpo, capace di ingerire a far sparire ogni cosa, di fornire cibo e minerali in quantità inesauribili. Ma la realtà non è cosi. I danni che ha subito il mare sono sotto gli occhi di tutti: dalle isole di plastica alla scarsità di pescato.
Nel mare è nata la vita, i commerci e gli scambi si sono sviluppati grazie al mare, il mare condiziona i fenomeni meteorologici, il mare ci da lavoro e cibo ma ancora oggi conosciamo poco o nulla di lui. I fondali marini sono, ad eccezione delle zone costiere, praticamente sconosciuti. Ne conosciamo l’andamento generale con una risoluzione di 5km, ma se andiamo nel dettaglio meno del 20% e conosciuto con una risoluzione di 100 m. Conosciamo con più dettaglio la superficie della Luna che i fondali oceanici. Per non parlare della biodiversità! Degli abitanti delle profondità marine ne sappiamo molto poco ed ogni anno vengono scoperte nuove specie. Addirittura per alcune specie animali ritenute estinte da milioni di anni si è scoperto che invece erano ancora presenti nelle acqua del mare, come successe nel 1938 con il famoso Celecanto.
Oggi l’approvazione del Trattato è stata raggiunta, manca ancora la ratifica dei vari paesi, ma siamo sulla buona strada e dovremmo noi tutti dare il buon esempio con un comportamento più sostenibile e razionale nei nostri contatti con il mare. Evitare di lasciare rifiuti sulla spiaggia o di gettarli tra le onde, rispettare le aree protette marine evitando di attraversarle in barca, segnalare alle autorità qualsiasi segno di inquinamento sono piccole cose ma che possono comunque aiutare a salvare i mari.
Ultimo aggiornamento: 15 Dicembre 2024 by Redazione