Una delle regole proposte da tutti i manuali di viaggio in tema di sicurezza alimentare è che ciò che non si può sbucciare o cucinare non va mangiato.
Ma, come tutte le regole, anche questa andrebbe presa con quel minimo di buon senso che consente di evitare atteggiamenti troppo ansiogeni e, al tempo stesso, comportamenti sciocchi e superficiali.
Non c’è bisogno di essere acuti osservatori per accorgersi delle condizioni sanitarie di un paese tropicale, basta guardarsi intorno: il livello igienico dei luoghi che ci ospitano appare di solito molto evidente. Soprattutto quando non ci troviamo catapultati in un paese a caso, anzi, siamo più o meno prepararti a quello che ci aspetta.

Ci sono tuttavia casi di intossicazione alimentare che, proprio perché poco noti, possono essere più subdoli di altri; la ciguatera è uno di questi.
La patologia è dovuta all’ingestione di tossine, tra cui la ciguatossina, che si accumulano nelle carni e nelle viscere di pesci pescati intorno alle barriere coralline di buona parte delle regioni tropicali. Il ciclo comincia a livello di certe microalghe di barriera, come Gambierdiscus toxicus, che ne sono i primi produttori; la tossina viene poi veicolata dai pesci erbivori che si nutrono di questa alga e che, a loro volta, diventano cibo per i pesci carnivori.
A valle della catena alimentare la tossina finisce per accumularsi, in quantità tossiche per l’uomo, nei pesci di media o grande taglia, quali barracuda, pesci balestra e pappagallo, cernie, murene e molti altri. La ciguatossina non risulta tossica per i pesci ma lo è per gli esseri umani che ne vengono a contatto principalmente attraverso il consumo di questi pesci contaminati.
I primi sintomi appaiono poche ore dopo l’ingestione e sono principalmente a carico dell’apparato gastrointestinale, ad esempio nausea, vomito e diarrea.
Il malessere progredisce in una grave spossatezza che colpisce soprattutto gli arti, con dolori e difficoltà a compiere qualsiasi movimento.
I sintomi neurologici possono aggravarsi e causare gravi parestesie; tra le manifestazioni più comuni, l’inversione della sensibilità al caldo e al freddo e altre avvisaglie tipiche delle intossicazioni neurologiche, come lo “shock elettrico“, ovvero la sensazione di scossa che si prova al contatto con l’acqua.
La letalità è bassa e i sintomi acuti durano in media da una settimana a dieci giorni, raramente più a lungo; tuttavia la tossina rimane per un certo tempo nell’organismo che è quindi suscettibile, in una successiva esposizione, ad un rischio maggiore, è per questo che dopo un attacco di ciguatera si sconsiglia di mangiare qualsiasi tipo di pesce per almeno due mesi.
Come ci si difende? Purtroppo non esistono cure e l’unico sollievo può venire dal trattamento sintomatico con somministrazione di fludi per prevenire la disidratazione, antistaminici, antinausea e farmaci per i dolori muscolari e articolari nei casi più gravi bisognerà monitorare i sintomi neurologici e cardivascolari.
Nelle isole del Pacifico, dove l’avvelenamento è molto frequente, la fase acuta si combatte usando i metodi della medicina tradizionale, basati su infusi di erbe e frutta. Purtroppo il pesce ciguaterico non è in alcun modo riconoscibile a priori. La tossina è inodore, incolore e inalterabile alla cottura o al congelamento, così come all’essiccazione o alla salatura.
Insomma è impossibile sapere in anticipo se il pesce che intendiamo consumare è avvelenato e questo è un caso in cui la regola di mangiare cibi cotti non ci salva dall’intossicazione. In generale, il rischio aumenta con i pesci di grossa taglia.
Spesso la gente del luogo è a conoscenza delle zone in cui il pesce può essere pescato e dove invece si nasconde il pericolo e il loro consiglio può rivelarsi utile. Ma anche lì è una specie di lotteria.
Il fatto è che in tutta la fascia di mare che interessa i Caraibi, l’Oceano Indiano e soprattutto il Pacifico, la ciguatera è ancora un problema irrisolto, nonostante sia conosciuta da più di tre secoli, tanto che lo stesso Cook non mancò di registrarne la presenza nei propri diari di bordo.
L’incidenza rimane alta, soprattutto nelle aree dove l’equilibrio dell’habitat marino risulta alterato.
E’ stato infatti osservato che eventi atmosferici naturali, come El Niño o gli uragani, ma soprattutto l’azione umana, con i dragaggi e la costruzione di porti e pontili, sono la causa della proliferazione delle alghe produttrici di tossina, che troverebbero nei detriti delle scogliere coralline l’ambiente ideale per il proprio sviluppo. Tra l’altro negli ultimi anni sono state segnalate tracce di ciguatossina anche fuori dell’area tropicale ed è stata segnalata anche nel Mediterraneo ma una buona notizia e che si stanno studiando dei sensori che possano rilevare la presenza della tossina in modo rapido ed efficente sul pesce pescato.
Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio 2025 by Redazione