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Meduse: chi, dove e perché

Da dove arrivano e dove vanno quegli esseri gelatinosi che mai vorremmo incontrare mentre facciamo il bagno?
Dall’inizio dell’estate si susseguono le segnalazioni e gli avvistamenti di meduse lungo l’intero perimetro costiero italiano. E’ vero che non tutte queste creature marine sono urticanti, ma non si può fare a meno di notare che, da un po’ di tempo a questa parte, anche nei nostri mari compaiono specie tropicali potenzialmente molto pericolose.

Uno di questi organismi è la Physalia physalis, meglio nota con il nome di caravella portoghese. Non si tratta di una vera e propria medusa, anche se ne ha tutto l’aspetto: le fisalie sono idrozoi che preferiscono vivere raggruppati in colonie, hanno filamenti lunghi, trasparenti e quindi praticamente invisibili, armati di sistemi che scattano al contatto con un altro organismo, iniettando una tossina micidiale.
In alcuni casi, l’incontro con questa specie può rivelarsi fatale. L’anno scorso la caravella portoghese ha mandato all’ospedale un certo numero di bagnanti e ha ucciso una donna davanti alla spiaggia di Porto Tramatzu, in Sardegna; si è trattato comunque di un caso isolato poiché questa specie, ampiamente distribuita nei mari tropicali, è ancora poco frequente lungo le coste italiane.

Per fortuna, le meduse urticanti comuni nei nostri mari non sono letali per l’uomo. Tra le creature più infide c’è la Carybdea marsupialis che predilige le coste settentrionali, in particolare quelle dell’Adriatico: la reazione al contatto è un bruciore acuto seguito da dolori lancinanti, che però regrediscono senza lasciare esiti. La Carybdea è molto piccola, misura di norma 4-5 cm, e ha un ombrello di forma vagamente cubica, una caratteristica che la accomuna ai suoi velenosissimi e mortali parenti australiani, le terribili cubomeduse cui appartiene anche la vespa di mare.

Nel Tirreno, invece, la specie più diffusa è la Pelagia noctiluca, responsabile della maggior parte delle lesioni ai danni di sfortunati bagnanti. L’ombrello ha un diametro di una decina di centimetri ma i suoi tentacoli, purtroppo molto urticanti, possono raggiungere la lunghezza di diversi metri. E’ lei il flagello dei nostri mari. Questo organismo ha un effetto devastante anche sulle specie ittiche: è presente in fitti banchi che si nutrono ampiamente, come altre meduse fanno, di uova e larve di pesci, e possono persino decimare gli allevamenti in mare.

L’ultimo allarme viene dalla vicina Croazia, dove è riapparsa una specie molto rara, pericolosa e gigantesca: la Drymonema dalmatinum. Per ora in Italia non è ancora arrivata, ma è probabile che venga a trovarci presto.

Il riscaldamento delle acque temperate e la loro progressiva tropicalizzazione sono una delle ragioni che favoriscono la comparsa di specie nuove, mai viste prima alle nostre latitudini, che dal Mar Rosso e dall’Atlantico entrano in Mediterraneo attraverso Suez e Gibilterra. Non è soltanto l’aumento delle temperature a favorire la proliferazione di meduse, ci pensa anche la pesca intensiva, che sta facendo sparire dai nostri mari i tradizionali predatori e competitori di questi fastidiosi organismi gelatinosi.

Che fare dunque? In caso di contatto, evitare il fai da te e i rimedi naturali: aceto, alcool e ammoniaca (o addirittura urina) rischiano soltanto di peggiorare la situazione. Inutili anche le pomate cortisoniche o antistaminiche così come è sconsigliabile tentare di rimuovere i frammenti dei tentacoli. La prima cosa da fare, consigliano gli esperti, è lavare la parte colpita con acqua di mare, applicare un gel al cloruro d’alluminio e, se i sintomi persistono, rivolgersi ad un centro medico.

Per chi volesse conoscere in tempo reale la mappa del rischio con  una cartina con tutti gli avvistamenti, le schede per riconoscere le principali meduse presenti nei mari italiani, i consigli per curare le bruciature e una sezione che raccoglie le segnalazioni dei bagnanti  non manca una app gratuita da scaricare direttamente sullo smartphone.

Ultimo aggiornamento: 15 Aprile 2023 by

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Author: Redazione